Un viaggio teatrale, poetico e spietato nella memoria di un uomo giusto.

Una sigaretta accesa, il buio, tre colpi. Così si apre lo spettacolo: non con una celebrazione, ma con un’assenza.
 Giorgio Ambrosoli, assassinato l’11 luglio 1979, ritorna sulle labbra delle persone che ha incrociato, di chi lo ha tradito, di chi lo ha amato, di chi lo ha difeso e di chi lo ha dimenticato.

Lo spettacolo è una trama fitta di voci, maschere, musica d’epoca, ricordi familiari, clown tragici e fantasmi istituzionali, che alternano il tono grottesco a quello lirico, il cabaret politico alla confessione intima.

Un racconto che si avvolge come un origami e si disfa come una bugia.

Ogni scena è un affondo nella biografia ma anche nella coscienza collettiva: la Milano degli anni ’70, l’Italia corrotta e affarista, lo Stato assente, la finanza nera, i silenzi comodi e il peso della verità.

Attraverso l’invenzione teatrale, con personaggi simbolici, viene ricostruita la complessità morale, storica e umana di una vicenda che non è solo cronaca, ma epica civile.

E quella frase, che torna come un canto funebre e una domanda:
“Per restare vivo gli sarebbe bastato un sì talmente piccolo che nessuno se ne sarebbe accorto”.